Ho due patentini ma non sono adatto al calcio di oggi, non ho sponsor. Due cose so fare, i gol e il muratore. Così dopo aver smesso di giocare sono tornato a fare il mio mestiere e ne vado orgoglioso“.

Questo è l’inizio dell’intervista fatta dal Corriere della Sera a Christian Riganò, bomber della Fiorentina anzi, della allora Florentia Viola, in C2.

Mi chiamò Giovanni Galli per chiedermi di andare alla Fiorentina, alla prima telefonata riattaccai pensando a uno scherzo.” racconta uno dei giocatori rimasti più nel cuore dei tifosi viola. Più di 300 gol in 520 presenze, tanto che i tifosi gigliati gli dedicarono uno striscione. “Dio perdona, Riga-no!“.

Poi l’esordio in Serie A, il ragazzone di Lipari che stringe la mano niente meno che a Francesco Totti e poi dopo pochi minuti l’infortunio. Era il 12 settembre 2004. Nel 2006 torna in Sicilia, 19 gol in 26 partite a Messina. terzo cannoniere del torneo dopo Totti e Lucarelli. Ma la chiamata in Nazionale non arriverà mai: “Non ho mai capito perché“.

Oggi lo trovi in un cantiere vicino a Palazzo Vecchio, con mazzuolo e scalpello sotto il sole cocente: “Diciamo che avevo lasciato questo mestiere a tre quarti, nemmeno a metà. Io sono questo: amo costruire e riparare le cose. Così, non avendo avuto chiamate per allenare sono tornato a fare il mio lavoro“.

Anticipa la domanda che tutti vorrebbero fargli: “Sì, ho guadagnato bene e ne sono felice. Nella mia intera carriera, però, ho incassato quanto molti giocatori di media fascia oggi guadagnano in due tre mesi. Così, poi, bisogna tornare a lavorare».

Per concludere con un po’ di malinconia e un grande orgoglio: “Lo spogliatoio è la cosa che mi manca di più: lì si litiga e si scherza, è il cuore del calcio. Ho avuto l’onore di giocare contro Del Piero, Batistuta, Er Pupone… Però io sono di vecchio stampo, come al lavoro: datemi una terra e, con due colleghi, siamo in grado di tirare su una casa

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