Nell’ultima intervista prima della partita contro l’Udinese, mister Prandelli era entrato proprio nell’argomento Montiel. Nel tessere le lodi del ragazzo, aveva detto di non volerlo “bruciare”, perchè “deve crescere tranquillo e non subire le tensioni della squadra”.
I tifosi lo invocano da tempo, più per aggrapparsi alla speranza dell’innocenza che per affidamento tecnico. Ma dopo quella partita di Coppa Italia, per l’appunto contro l’Udinese, dove il ragazzo aveva segnato il gol qualificazione della Fiorentina, non ha più visto il campo.
Il mister gigliato ha sorpreso tutti ieri, quando al minuto 88 lo ha mandato in campo per cercare di raddrizzare una situazione diventata catatstrofica dopo il vantaggio friulano inaspettato. Sì, perchè l’obbiettivo del tecnico di Orzinuovi era chiaramente quello di uscire dalla Dacia Arena con un punticino, prezioso nel cammino verso la salvezza.
E così forse dovevano andare le cose, perchè le squadre in campo non davano accenno di volersi dannare l’anima per vincerla. Tutti, tranne Nestorowski, evidentemente. Con la complicità del buon Milenkovic.
L’ingresso di Montiel, per molti, è stata una presa in giro. Come un segnale di resa, come un volersi affidare perfino alla scaramanzia pur di trascinare la squadra fuori da un tunnel senza fine.
“Chissà che il ragazzo non faccia un altro miracolo” avrà pensato il buon Cesare. Mentre a sedere sulla panchina, tanto per fare un nome non casuale, ci è rimasto un certo Callejon. Quello che è stato “venduto” ai tifosi come “il nuovo Chiesa” dal signor Pradè.
Tutto mentre il “povero” Kokorin brucava allegramente tra l’erbetta dello stadio di Udine…