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Lunga intervista al Corriere dello Sport da parte dell’attaccante argentino della Fiorentina, Lucas Beltran. Ecco cosa ha detto:

“All’inizio della stagione Palladino ha parlato con ognuno di noi e a me ha chiesto dove mi sentivo più a mio agio in campo: intanto, gli ho detto di avere tanta voglia di Fiorentina, poi che a me piace giocare. 

In quale ruolo non importa: può essere da trequartista, che preferisco, come da centravanti. “Io ti vedo sia centravanti che trequartista, valutiamo dove ti trovi meglio”, mi ha risposto. In allenamento mi ha messo trequartista, gli sono piaciuto e adesso gioco lì.

Mi ci vedrei benissimo insieme ad Albert Gudmundsson. Abbiamo caratteristiche simili ma anche differenti, però dipende dalle scelte dell’allenatore. Che io non discuterò mai: qui siamo in tanti che vogliono e possono giocare. Ripeto, non è mai una questione di ruolo o posizione: a me basta aiutare la squadra

Se sono pronto a fare il centravanti? Certamente. Io voglio giocare e aiutare la Fiorentina. Dove non ha importanza e sono pronto a soddisfare tutte le richieste dell’allenatore. Io cerco il contatto con il pallone, desidero averlo tra i piedi per entrare nell’azione, per fare assist ai compagni, per puntare la porta avversaria.

Magia nello spogliatoio? Gruppo. Tu puoi avere i campioni, puoi avere tanti giocatori forti, ma se alla base non ci sono un atteggiamento giusto e la mentalità giusta poi è tutto inutile. E qui, vi garantisco, c’è un gruppo eccezionale sotto il profilo umano prima ancora che tecnico, composto da calciatori umili, uniti, che mettono l’interesse della squadra sopra a tutto e tutti. Che ogni giorno si allena al Viola Park per aggiungere e mai per togliere.

Chi mi ha sorpreso di più? Nessuno. O, meglio, tutti e in senso positivo. Estremamente positivo. Non ce n’è uno che non abbia “fame”, che non arrivi al Viola Park con l’intento di allenarsi duramente con la squadra e per la squadra. Tutti i giorni fin dal primo di ritiro.

David De Gea è un fenomeno (l’espressione ammirata di Beltran a nominare il portiere spagnolo trasmette più di mille parole, nac). Uno così vale tantissimi punti in campo ed è fondamentale nello spogliatoio, con la sua esperienza accumulata in moltissime stagioni di calcio al massimo livello, con i suoi consigli. Non mi perdo una parola di ciò che dice, perché da quelli come lui c’è tanto da imparare.

Obiettivi? Credetemi: non solo non li abbiamo nemmeno fissati, ma nemmeno ne parliamo. Vogliamo continuare ad allenarci con impegno. Non abbiamo ancora fatto niente. Ecco: l’obiettivo, a volerne indicare uno, è continuare così pensando sempre a una partita alla volta.

Differenza tra Italiano e Palladino? Proprio il sistema di gioco, in primis: completamente differente. Poi il posizionamento in campo: con Italiano andavamo subito in pressione in avanti, adesso ci mettiamo in posizione d’attesa e copriamo più campo pronti a ripartire.

Lucas è ragazzo tranquillo a cui piace stare in famiglia. Un ragazzo felice di essere qui a Firenze, di visitare e conoscere posti sempre nuovi in una città magnifica.

Beltran? Un calciatore serio (nel senso di professionale, ma sempre col sorriso bello come in questa intervista, ndc), che si allena al massimo ogni giorno e che vuole migliorare per dare tanto al club, alla squadra e soprattutto ai tifosi.

La 9 di Batistuta? Soltanto un orgoglio. Enorme. So che cosa ha fatto “il Bati” (testuale, ndc) qui a Firenze e non dico che voglio essere come lui, perché è impossibile. Ho visto i video, i gol che segnava, quello che ha dato lui alla città e alla Fiorentina è stato incredibile. E per me è un orgoglio immenso indossare la maglia numero 9.

Se i tifosi viola hanno visto il vero Vichingo? Stanno cominciando a vederlo. Ora mi sento bene, mi sento importante per la squadra. Per me è fondamentale. Ma non ho ancora fatto nulla. Se il mio sogno è sempre quello di quando sono arrivato? Si, sempre quello. Vincere qualcosa con Fiorentina. Lo scorso anno ci siamo andati vicini: speriamo quest’anno.

25 gol all’attivo? Il segreto è Kean. Moise è straordinariamente efficace, ma tutta la Fiorentina è diventata concreta e lo dimostra l’abilità di capitalizzare le occasioni che creiamo. C’è una partita che, secondo me, ci ha reso consapevoli di questa dote e non solo questa.

Fiorentina-Milan? Anche. Ma mi riferisco alla trasferta di Lecce, ripresa del campionato dopo la sosta e dopo appunto il 2-1 ai rossoneri. Gudmundsson si è fatto male subito, Kean è uscito alla fine del primo tempo, eppure siamo stati capaci di segnare sei gol. Quattro al San Gallo in Conference e altri cinque nella gara successiva contro la Roma. Ecco, Lecce ci ha fatto fare un passo decisivo nella consapevolezza della nostra forza.

Bertoni ha detto che somiglio a Lautaro: confronto o sfida? Tutti e due. In effetti, posso avere movimenti e colpi che un po’ ricordano quelli di Lautaro e lo dico con tutto il rispetto nei confronti di un campione e di un attaccante eccezionale. Lo guardavo sempre in Nazionale per imparare e per “rubargli” qualche segreto. Mi fa ovviamente piacere essere accostato a lui.

Ovviamente, l’Argentina è uno dei miei traguardi pensando al Mondiale del 2026. Paulo è grande amico di mio fratello ed è praticamente uno di famiglia. Ci sentiamo spesso, lo ammiro. Chi è più forte? Sicuramente lui.

Se è vero che mia madre non voleva che facessi l’attaccante? Racconto un episodio delle mie giovanili. Giocavo trequartista indossando la maglia numero 10, perché fin da bambino volevo avere il pallone tra i piedi (guarda un po’, ndc). Il mio allenatore di allora decise di cambiare sistema di gioco trasformandomi in riferimento offensivo nel 4-3-3. Centravanti, insomma. Un po’ di tempo dopo, a carriera mia già avviata, quell’allenatore incontrandolo mi ha detto: “Visto che avevo ragione?”. Al River centravanti ed acquistato dalla Fiorentina per questo… Sì, ma mia mamma non voleva lo stesso che giocassi centravanti”

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